Cfr. Tolstoi, I vol. dei Racconti autobiografici (Infanzia-Adolescenza, ed. «Slavia», Torino, 1930) p. 232 (cap. XIX dell'Adolescenza intitolato proprio «L'Adolescenza»): «Ma da nessuna corrente filosofica fui affascinato come dallo scetticismo, che ad un certo momento mi portò ad uno stato vicino alla follia. Immaginavo che fuori di me nessuno e nulla esistesse in tutto il mondo, che gli oggetti non fossero oggetti, ma immagini, le quali mi apparivano solo quando vi fissavo l'attenzione, e che appena cessavo di pensarci quelle immagini subito svanissero. In una parola mi trovavo d'accordo con Schlegel nel ritenere che esistono non gli oggetti, ma il nostro rapporto con essi. C'erano momenti, quando, sotto l'influenza di questa idea fissa arrivavo a rasentare la follia, al punto che rapidamente mi voltavo dalla parte opposta, sperando di sorprendere il vuoto (le néant) là dov'io non ero».
Oltre all'esempio di Tolstoi ricordare la forma faceta in cui un giornalista rappresentava il filosofo «professionale o tradizionale» (rappresentato dal Croce nel cap. «Il "Filosofo"») che da anni e anni sta seduto al suo tavolino, rimirando il calamaio e domandandosi: - Questo calamaio è dentro di me o è fuori di me?
L'espressione di Engels che «la materialità del mondo è dimostrata dal lungo e laborioso sviluppo della filosofia e delle scienze naturali» dovrebbe essere analizzata e precisata. S'intende per scienza l'attività teorica o l'attività pratico-sperimentale degli scienziati? o la sintesi delle due attività? Si potrebbe dire che in ciò si avrebbe il processo unitario tipico del reale, nell'attività sperimentale dello scienziato che è il primo modello di mediazione dialettica tra l'uomo e la natura, la cellula storica elementare per cui l'uomo, ponendosi in rapporto con la natura attraverso la tecnologia, la conosce e la domina.
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