Nel Saggio si giudica il passato come «irrazionale» e «mostruoso» e la storia della filosofia diventa un trattato storico di teratologia, perché si parte da un punto di vista metafisico. (E invece nel Manifesto è contenuto il piú alto elogio del mondo morituro). Se questo modo di giudicare il passato è un errore teorico, è una deviazione dalla filosofia della praxis, potrà avere un qualunque significato educativo, sarà ispiratore di energie? Non pare, perché la quistione si ridurrebbe a presumere di essere qualcosa solo perché si è nati nel tempo presente, invece che in uno dei secoli passati. Ma in ogni tempo c'è stato un passato e una contemporaneità e l'essere «contemporaneo» è un titolo buono solo per le barzellette. (Si racconta l'aneddoto di un borghesuccio francese che nel suo biglietto da visita aveva fatto stampare appunto «contemporaneo»: credeva di non essere nulla e un giorno scoperse di essere qualcosa invece, proprio un «contemporaneo»).
L'immanenza e la filosofia della praxis. Nel Saggio si nota che nella filosofia della praxis i termini di «immanenza» e «immanente» sono usati bensí, ma che «evidentemente» questo uso è solo «metaforico». Benissimo. Ma si è cosí spiegato cosa «metaforicamente» immanenza e immanente significhino? Perché questi termini sono continuati ad essere usati e non sono sostituiti? Solo per l'orrore di creare nuovi vocaboli? Di solito quando una nuova concezione del mondo succede a una precedente, il linguaggio precedente continua ad essere usato, ma appunto viene usato metaforicamente.
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