Tuttavia nella filosofia della praxis la qualità è sempre connessa alla quantità, e anzi forse in tale connessione è la sua parte piú originale e feconda. Infatti l'idealismo ipostatizza questo qualcosa in piú, la qualità, ne fa un ente a sé, lo «spirito», come la religione ne aveva fatto la divinità. Ma se è ipostasi quella della religione e dell'idealismo, cioè astrazione arbitraria non processo di distinzione analitica praticamente necessario per ragioni pedagogiche, è anche ipostasi quella del materialismo volgare, che «divinizza» una materia ipostatica.
È da confrontare questo modo di vedere nella concezione della società con la concezione dello Stato proprio degli idealisti attuali. Per gli attualisti lo Stato finisce con l'essere proprio questo qualcosa di superiore agli individui (sebbene dopo le conseguenze che lo Spirito ha tratto a proposito della proprietà dell'identificazione idealistica dell'individuo e dello Stato, il Gentile nell'«Educazione fascista» dell'agosto 1932 ha precisato prudentemente). La concezione degli attualisti volgari era caduta cosí [in] basso nel puro psittacismo che l'unica critica possibile era la caricatura umoristica. Si poteva pensare una recluta che agli ufficiali arruolatori espone la teoria dello Stato superiore agli individui e domanda che lascino libera la sua persona fisica e materiale e arruolino quel tantino di qualcosa che contribuisce a costruire il qualcosa nazionale che è lo Stato. O ricordare la storia del Novellino in cui il saggio Saladino dirime la vertenza tra il rosticciere che vuol essere pagato per l'uso delle emanazioni aromatiche delle sue vivande e il mendicante che non vuol pagare: il Saladino fa pagare col tintinnio delle monete e dice al rosticciere di intascare il suono come il mendicante ha mangiato gli effluvi aromatici.
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