ggiando uomini di propria mano e dando loro vita col favore di Minerva...» (Scrive il Vincenti: «Quando Goethe scriveva queste parole il frammento drammatico era da molti anni scomparso - cosa vuol dire "scomparso"? - ed egli non lo rammentava piú bene. Credeva che l'ode, rimastagli, dovesse figurarvi come un monologo»). L'ode presenta una situazione propria, diversa da quella del frammento. Nell'ode la ribellione matura nel momento in cui è annunziata: è la dichiarazione di guerra, la quale si chiude con l'apertura delle ostilità: «Qui siedo, formo uomini ecc.». Nel dramma la guerra è già aperta. Logicamente, il frammento [è] posteriore all'ode, ma il Vincenti non è categorico come il Richter. Per lui «se è vero che, ideologicamente, il frammento drammatico rappresenta un progresso sopra l'ode, non è men vero che la fantasia dei poeti può aver dei ritorni su posizioni che parevano superate e ricreare da esse qualcosa di nuovo. Abbandoniamo pure l'idea che l'ode sia la quintessenza del dramma, ma accontentiamoci di dire che le situazioni di questo e di quella stanno tra loro come il piú complesso al piú semplice». Il Vincenti nota l'antinomia esistente nell'ode: le prime due strofe di scherno e l'ultima di sfida, ma il corpo centrale di diverso tono: Prometeo ricorda la sua fanciullezza, gli smarrimenti, i dubbi, le angosce giovanili: «parla un deluso d'amore». «Questi sogni fioriti non ce li farà dimenticare piú il cipiglio ripreso nell'ultima strofa. Aveva parlato da Titano in principio Prometeo; ma ecco poi spuntare sotto la maschera titanica i teneri (!) tratti d'un giovane dal cuore affamato d'amore». Un brano di Poesia e Verità è specialmente significativo per la personalità di Goethe: «Lo spirito titanico e gigantesco, eversore del cielo non offriva materia al mio poetare.
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