Ma lo stesso accanimento del Croce in questi ultimi tempi contro ogni elemento di filosofia della praxis è sospetto (specialmente la presentazione del libro del De Man, mediocrissimo): impressione che Croce combatta troppo per non avere una richiesta di conti. Le tracce di una filosofia della praxis si trovano nella soluzione di problemi particolari (è da vedere se l'insieme di questi problemi particolari non contenga implicitamente una elaborazione totale della filosofia della prassi, cioè tutta la metodologia o filosofia del Croce, cioè se i problemi non direttamente collegabili con quelli corrispondenti della filosofia della prassi, non lo siano però con gli altri direttamente collegabili): la dottrina dell'errore mi pare la piú tipica. In generale si può dire che la polemica contro la filosofia dell'atto puro ha costretto il Croce a un maggior realismo e a sentire un certo fastidio almeno per le esagerazioni nel linguaggio speculativo degli attualisti.
Sui «residui» o sopravvivenze (ma in realtà sono elaborazioni che hanno una loro peculiare organicità) nella filosofia del Croce della dottrina della filosofia della prassi si sta costituendo una certa letteratura: cfr. per esempio il saggio di Enzo Tagliacozzo In memoria di Antonio Labriola («Nuova Italia», 20 dicembre 1934-20 gennaio 1935, specialmente nella seconda puntata), e il saggio di Edmondo Cione La logica dello storicismo, Napoli 1933 (forse estratto dagli atti dell'Accademia Reale di scienze morali e politiche). (Da una recensione che di questo saggio pubblica la «Nuova Rivista Storica» gennaio-febbraio 1935, pp.
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