Lo storicismo del Croce sarebbe quindi niente altro che una forma di moderatismo politico, che pone come solo metodo d'azione politica quello in cui il progresso, lo svolgimento storico, risulta dalla dialettica di conservazione e innovazione. Nel linguaggio moderno questa concezione si chiama riformismo. Il contemperamento di conservazione e di innovazione costituisce appunto il «classicismo nazionale» del Gioberti, cosí come costituisce il classicismo letterario e artistico dell'ultima estetica crociana. Ma questo storicismo da moderati e da riformisti non è per nulla una teoria scientifica, il «vero» storicismo; è solo il riflesso di una tendenza pratico-politica, una ideologia nel senso deteriore. Infatti perché la «conservazione» deve essere proprio quella data «conservazione», quel dato elemento del passato? E perché si deve essere «irrazionalisti» e «antistoricisti» se non si conserva proprio quel determinato elemento? In realtà, se è vero che il progresso è dialettica di conservazione e innovazione e l'innovazione conserva il passato superandolo, è anche vero che il passato è cosa complessa, un complesso di vivo e di morto, in cui la scelta non può essere fatta arbitrariamente, a priori, da un individuo o da una corrente politica. Se la scelta è stata fatta in tal modo (sulla carta) non può trattarsi di storicismo ma di un atto di volontà arbitrario, del manifestarsi di una tendenza pratico-politica, unilaterale, che non può dare fondamento a una scienza, ma solo a una ideologia politica immediata.
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Croce Gioberti
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