È un'ideologia che tende a snervare l'antitesi, a spezzettarla in una lunga serie di momenti, cioè a ridurre la dialettica a un processo di evoluzione riformistica «rivoluzione-restaurazione», in cui solo il secondo termine è valido, poiché si tratta di rabberciare continuamente dall'esterno un organismo che non possiede internamente la propria ragion di salute. Del resto si potrebbe dire che un simile atteggiamento riformistico è un'«astuzia della Provvidenza» per determinare una maturazione piú rapida delle forze interne tenute imbrigliate dalla pratica riformistica.
Come occorre intendere l'espressione «condizioni materiali» e l'«insieme» di queste condizioni? Come il «passato», la «tradizione», concretamente intesi, obbiettivamente constatabili e «misurabili» con metodi di accertamento «universalmente» soggettivi, cioè appunto «oggettivi». Il presente operoso non può non continuare, sviluppandolo, il passato, non può non innestarsi nella «tradizione». Ma come riconoscere la «vera» tradizione, il «vero» passato ecc.? Cioè la storia reale, effettiva e non la velleità di fare nuova storia che cerca nel passato una sua giustificazione tendenziosa, di «superstruttura»? È passato reale la struttura appunto, perché essa è la testimonianza, il «documento» incontrovertibile di ciò che è stato fatto e continua a sussistere come condizione del presente e dell'avvenire. Si potrà osservare che nell'esame della «struttura» i singoli critici possono sbagliare, affermando vitale ciò che è morto, o non è germe di nuova vita da sviluppare, ma il metodo stesso non può essere confutato perentoriamente.
| |
Provvidenza
|