Il Croce si comporta come gli anticlericali massonici e razionalisti volgari che appunto combattono il cattolicismo con questi confronti e con queste traduzioni del cattolicismo volgare in linguaggio «feticista». Il Croce cade nella stessa posizione intellettualistica che il Sorel rimproverava al Clemenceau, di giudicare un movimento storico dalla sua letteratura di propaganda e di non capire che anche dei banali opuscoletti possono essere l'espressione di movimenti estremamente importanti e vitali.
Per una filosofia è una forza o una debolezza di avere oltrepassato i soliti limiti dei ristretti ceti intellettuali e di diffondersi nelle grandi masse sia pure adattandosi alla mentalità di queste e perdendo poco o molto del suo nerbo? E che significato ha il fatto di una concezione del mondo che in tal modo si diffonde e si radica e continuamente ha dei momenti di ripresa e di nuovo splendore intellettuale? È una ubbia da intellettuali fossilizzati credere che una concezione del mondo possa essere distrutta da critiche di carattere razionale: quante volte non si è parlato di «crisi» della filosofia della praxis? e che cosa significa questa crisi permanente? non significa forse la vita stessa che procede per negazioni di negazioni? Ora, chi ha conservato la forza delle successive riprese teoriche se non la fedeltà delle masse popolari che si erano appropriate la concezione, sia pure in forme superstiziose e primitive? Si parla spesso che in certi paesi il non esserci stata la riforma religiosa è causa di regresso in tutti i campi della vita civile e non si osserva che appunto la diffusione della filosofia della praxis è la grande riforma dei tempi moderni, è una riforma intellettuale e morale che compie su scala nazionale ciò che il liberalismo non è riuscito a compiere che per ristretti ceti della popolazione.
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