) è stata una vera e propria riforma intellettuale e morale di tipo «Rinascimento». «Vivere senza religione» (e s'intende senza confessione religiosa) è stato il succo che il Sorel ha tratto dalla lettura del Croce (cfr. Lettere di G. Sorel a B. Croce pubblicate nella «Critica» del 1927 e sgg.). Ma il Croce non è «andato al popolo», non è voluto diventare un elemento «nazionale» (come non lo sono stati gli uomini del Rinascimento, a differenza dei luterani e calvinisti), non ha voluto creare una schiera di discepoli che, in sua sostituzione (dato che egli personalmente volesse serbare la sua energia per la creazione di un'alta coltura) potessero popolarizzare la sua filosofia, tentando di farla diventare un elemento educativo fin dalle scuole elementari (e quindi educativo per il semplice operaio e contadino, cioè per il semplice uomo del popolo). Forse ciò era impossibile, ma valeva la pena che fosse tentato e il non averlo tentato ha pure un significato. Croce in qualche libro ha scritto qualcosa di questo genere: «Non si può togliere la religione all'uomo del popolo, senza subito sostituirla con qualcosa che soddisfi le stesse esigenze per cui la religione è nata e ancora permane». C'è del vero in questa affermazione, ma non contiene questa una confessione dell'impotenza della filosofia idealista a diventare una integrale (e nazionale) concezione del mondo? E infatti come si potrebbe distruggere la religione nella coscienza dell'uomo del popolo senza nello stesso tempo sostituirla?
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