Da questo paragone del Croce si potrebbe dedurre tutta l'ingiustizia dell'attuale suo atteggiamento culturale, anche perché il fondatore della filosofia della praxis ha avuto interessi molto piú vasti del Machiavelli e dello stesso Botero (che per il Croce integra Machiavelli nello svolgimento della scienza politica, sebbene ciò non sia molto esatto, se del Machiavelli non si considera solo il Principe ma anche i Discorsi) non solo, ma in lui è contenuto in nuce anche l'aspetto etico-politico della politica o la teoria dell'egemonia e del consenso, oltre all'aspetto della forza e dell'economia.
La quistione è questa: dato il principio crociano della dialettica dei distinti (che è da criticare come soluzione puramente verbale di una reale esigenza metodologica, in quanto è vero che non esistono solo gli opposti, ma anche i distinti) quale rapporto che non sia quello di «implicazione nell'unità dello spirito» esisterà tra il momento economico-politico e le altre attività storiche? È possibile una soluzione speculativa di questi problemi, o solo una soluzione storica, data dal concetto di «blocco storico» presupposto dal Sorel? Intanto si può dire che mentre l'ossessione politico-economica (pratica, didascalica) distrugge l'arte, la morale, la filosofia, invece queste attività sono anche «politica». Cioè la passione economico-politica è distruttiva quando è esteriore, imposta con la forza, secondo un piano prestabilito (e anche che sia cosí può essere necessario politicamente e si hanno periodi in cui l'arte, la filosofia ecc. s'addormentano, mentre l'attività pratica è sempre vivace) ma può diventare implicita nell'arte ecc. quando il processo è normale, non violento, quando tra struttura e superstrutture c'è omogeneità e lo Stato ha superato la sua fase economico-corporativa.
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