Ed è massima bellissima, leggibile nell'ultimo numero del "Selvaggio" (1° maggio). Mi dispiace per Camillo Pellizzi, fascista dei primi, galantuomo di tre cotte e acutissimo ingegno: ma lo stile ingarbugliato della sua ultima lettera aperta a Maccari: Il Fascismo come libertà mi fa venire il dubbio che i concetti dei quali parla non siano ben chiari nella sua mente; o, se chiari, pensati troppo in astratto per poter ricevere pratica applicazione: "Il fascismo è nato come il supremo sforzo di un popolo civile (anzi, del popolo piú intimamente civile fra tutti) per attuare una forma di comunismo civile. Ossia risolvere il problema del comunismo dentro il maggior problema della civiltà; ma poiché non è civiltà senza la spontanea manifestazione di quei valori individuali antichi sempre rinnovantisi, di cui si è detto, noi concludiamo che il fascismo è, nella sua intima ed universale significazione, un comunismo libero; nel quale, per intendersi, comunistico o collettivistico è il mezzo, l'organismo empirico, lo strumento d'azione rispondente al problema di un determinato momento della storia, mentre il fine reale, la destinazione ultima, è la civiltà, ossia, nel senso ormai detto e ripetuto, la libertà". È linguaggio indigesto di filosofo. "Credere a poche cose..." Per esempio, semplicisticamente credere che il fascismo non è comunismo, mai, in nessun senso, né concreto né traslato, può riuscir piú "utile" che non affaticarsi alla ricerca di definizioni troppo ingegnose per non essere, in ultima analisi, equivoche e nocive.
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Camillo Pellizzi Maccari Il Fascismo
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