La stessa tendenza non si verifica nell'economia critica che si vale troppo spesso di espressioni stereotipate, e si esprime in un tono di superiorità a cui non corrisponde il valore dell'esposizione: dà l'impressione di arroganza noiosa e niente altro e perciò pare utile mettere in rilievo questo aspetto degli studi economici e della letteratura economica. Nella «Riforma Sociale» le pubblicazioni del tipo di questa del Robbins sono sempre segnalate e non sarà difficile avere una bibliografia in proposito.
È da vedere se l'impostazione che il Robbins dà al problema economico non sia in genere una demolizione della teoria marginalista, quantunque pare egli dica che sull'analisi marginale è possibile costruire «la complessiva teoria economica in modo perfettamente unitario» (cioè abbandonando completamente il dualismo ancora sostenuto dal Marshall, nei criteri della spiegazione del valore, cioè il doppio gioco della utilità marginale e del costo di produzione). Infatti se le valutazioni individuali sono la sola fonte di spiegazione dei fenomeni economici, cosa significa che il campo dell'economia è stato separato dal campo della psicologia e dell'utilitarismo?
Per ciò che riguarda la necessità di una introduzione metodico-filosofica ai trattati di economia, ricordare l'esempio delle prefazioni al primo volume di Economia critica e al volume di Critica dell'Economia politica: ognuna di esse è forse troppo breve e scarna, ma il principio è seguito: d'altronde nel corpo dei volumi molti accenni metodici filosofici.
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