Né oggi si può dire che esistano «imprese sane». Tutte le imprese sono divenute malsane, e ciò non si dice per prevenzione moralistica o polemica, ma oggettivamente. È la stessa «grandezza» del mercato azionario che ha creato la malsania: la massa dei portatori di azioni è cosí grande che essa ormai ubbidisce alle leggi di «folla» (panico, ecc. che ha i suoi termini tecnici speciali nel «boom», nel «run» ecc.) e la speculazione è diventata una necessità tecnica, piú importante del lavoro degli ingegneri e degli operai.
L'osservazione sulla crisi americana del 1929 appunto questo ha messo in luce: l'esistenza di fenomeni irrefrenabili di speculazione, da cui sono travolte anche le aziende «sane» per cui si può dire che «aziende sane» non ne esistono piú: si può pertanto usare la parola «sana» accompagnandola da un riferimento storico: «nel senso di una volta», cioè quando esistevano certe condizioni generali che permettevano certi fenomeni generali non solo in senso relativo, ma anche in senso assoluto. (Su molte note di questo paragrafo è da vedere il libro di Sir Arthur Salter: Ricostruzione: come finirà la crisi, Milano, Bompiani, 1932, pp. 398, L. 12).
Luigi Einaudi ha raccolto in volume i saggi pubblicati in questi anni di crisi. Uno dei motivi su cui l'Einaudi ritorna piú spesso è questo: che dalla crisi si uscirà quando l'inventività degli uomini avrà ripreso un certo slancio. Non pare che l'affermazione sia esatta da nessun punto di vista. È certo che il periodo di sviluppo delle forze economiche è stato caratterizzato anche dalle invenzioni, ma è esatto che in questo ultimo periodo le invenzioni siano state meno essenziali e anche meno numerose?
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