Aroldo Norlenghi.
Noi non possiamo contraddire gli egregi proprietari ecc., tanto piú che siamo persuasi che il loro civismo e il loro spirito di sacrificio non andranno delusi. La prima impressione che i soldati reduci dal fronte manifestano venendo a Torino č questa: ma si sa a Torino che c'č in Italia lo stato di guerra guerreggiata, e che al confine si muore e ci si sacrifica ora per ora in sofferenze indicibili, in martirî inumani? In veritā, a Torino, chi se ne accorge chiude il proprio dolore dietro il chiavistello della propria porta di casa, e spasima nel proprio interno monologando. La cittā continua olimpicamente nella sua vita tradizionale: i ritrovi sono frequentati come mai non furono, le strade sono affollate allo stesso modo, la borghesia guadagna dalla guerra come mai avrebbe sperato, e vuol spendere, naturalmente: in breve volgere di tempo sono state aperte due nuove elegantissime confetterie e un salone cinematografico quale non ce ne deve essere molti in Europa. Pasquariello e Petrolini furoreggiano; Dina Galli vede le pochades del suo repertorio far affollare il teatro di piazza Solferino.
Sí, č vero, si vedono in giro meno giovani, incominciano ad apparire dei soldati, che via! non sono in istato normale. Ma non ha detto il prof. Loria che tanto tutto nella vita č dolore? E dunque, noiosissimi seccatori, lasciate che i torinesi si divertano, lasciate che in piazza Vittorio riappaiano le giostre e le pulci ammaestrate e la bella Virginia nel bagno. I tedeschi sapranno che almeno a Torino la guerra non ha portato nessuno squilibrio, e l'onore d'Italia sarā salvo.
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