(9 gennaio 1916).
UMILTÀ
Non so quanti torinesi si siano domandati il perché, mentre esistono e funzionano le linee tranviarie n. 12 e 14, non esista e funzioni una linea n. 13. Eppure sarebbe interessante conoscere a chi sia dovuto il molto intelligente provvedimento, che deve aver salvato i torinesi da chi sa quali orribili disastri, e gli uffici dello stato civile da chi sa quale aumento di lavoro per la recrudescenza di mortalità che un tram numero 13 avrebbe provocato. È un vero peccato. Proprio l'assessore dello stato civile, l'illustre romanziere Mario Leoni, avrebbe avuto l'occasione di scrivere un nuovo capolavoro ed oscurare la fama del suo maestro Saverio di Montépin, che ha scritto solo Il fiacre n. 13. Per me il fatto è occasione di umiltà. Ho riso tante volte sulle superstizioni meridionali, ho, da buon settentrionale, sicuro del fatto mio, manifestato tante volte il senso di superiorità che sentivo su tutta quella gente del sud arretrata, senza molla di progresso, che via! vedere che anche a Torino si ha paura del 13, non può che umiliarmi. O non avevano i seguaci di certe teorie antropologiche, che ebbero il loro focolaio d'infezione proprio a Torino, dimostrato ferocemente che la superstizione era appunto una delle prove dell'inferiorità irriducibile dei meridionali, che mai avrebbero potuto aspirare a raggiungere l'alto grado di civiltà raggiunta nel nord? Eppure nel Mezzogiorno erano nati uomini come Vico e compagnia. Ma vedete? Si scoprirà che chi ha deciso di salvare le strade di Torino dalle stragi del n. 13 è un siciliano, o almeno un napoletano, e che il buon nome e la superiorità dei nordici non ne viene menomata.
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