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      Certo l'utilità di certe istituzioni giustifica i sacrifizi che tutti fanno per mantenerle, sacrifizi anche di quelli che delle istituzioni non si giovano, ma non si può non riconoscere che nulla è piú perfetto e piú giusto del sistema postale. Il francobollo è come il tasto di cui mi auguravo l'esistenza, che fa viaggiare mezzo orbe a una vostra missiva, che mette in movimento tanta gente e vi congiunge idealmente con mondi lontani d'amicizia, parentele, affari.
      Ma tutto ciò quando le cose vanno bene. Perché la perfezione ha il suo doppio taglio. E su questo binario di idee m'ha precisamente posto una lettera raccomandata che incomincia: «Signore, è almeno la sesta volta che vi scrivo...» Casco dalle nuvole: la sesta volta signore..., è il mio caro compagno ed amico del Circolo di... ecc. che mi chiama signore e mi dà del voi come quando si è in collera. Ma via: sei lettere perdute non sono bazzecole, e il compagno ha ragione. Ha ragione? Ma contro chi prendersela? Perché la perfezione non lascia appiglio alla protesta. Partono da un punto qualsiasi della città delle lettere al mio indirizzo: una, nessuna risposta; un'altra, pazienza, quel ragazzo è cosí occupato, cosí sbadato anche, via, sarà per un'altra volta; una terza, nervosismo, irritazione incipiente, prime parole di ingrato, senza cuore, si insinua il sospetto; quarta, quinta lettera furiose, e finalmente con raccomandazione, il «signore, voi,» e il resto. E mentre tutto questo dramma... che mi interessava cosí da vicino si svolgeva, io continuavo a vivere senza sospettare la sua possibilità e senza poter fare nulla per evitarlo, per giustificarmi, per non farmi chiamare «signore» e «voi».


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Sotto la mole
1916-1920
di Antonio Gramsci
pagine 742

   





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