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      Il pericolo per esempio di finire per preferire la schiuma al resto. Ma non me ne pento e non arretro interrorito. So che i centri inibitori del mio cervello sono ancora abbastanza robusti per trarmi dal precipizio al momento buono. E il cimento del rischio, del paradosso non è meno indispensabile alla vita del solito trotterello dell'asino logico quotidiano. E perciò faccio una confessione: amo la pochade, e mi diverto immensamente ad ascoltarla.
      Ne so i difetti, ne so i trucchi e le macchinazioni, prevedo quasi dal primo atto dove andrà a finire, ma mi sento appunto per ciò sicuro dagli inganni, dalle truffe dell'arte seria. I grandi nomi che fanno accorrere il pubblico grosso ai teatroni di qualità, mi spaventano e mi riempiono di apprensione. So già che avrò da fare con gente che vuol imbonire, che leviga e assottiglia le angolosità per rendersi meno urtante, che giulebba i noccioli piú spinosi e meno digeribili per farli inghiottire senza singhiozzi, e sto male per qualche tempo pensando che è ancora possibile, vellicando un po' la pancetta della cicala borghese, farla strillare in un senso piuttosto che in un altro. E perciò preferisco la pochade. La ritengo piú igienica per i miei nervi, tanto piú se l'arte di Dina Galli le toglie la patina piú appariscente di volgarità, e le dà in prestito la sua vita artistica. Tra la Falena di Bataille, o le Donne forti di Sardou, e la Dame de chez Maxim's, preferisco quest'ultima, che non ha pretese, e non nasconde il belletto e la sfacciataggine.


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Sotto la mole
1916-1920
di Antonio Gramsci
pagine 742

   





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