Pagina (53/742)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      Se fossimo scienziati della scuola positiva e muovessimo nelle nostre ricerche di sociologia sperimentale fin dalla preistoria, potremmo sostenere la cinica tesi che il pudore, secondo la cosí detta filosofia del linguaggio, era ed è ancora la reazione fisica del nostro organismo per certi spiacevoli odori, e l'imperativo categorico che il ritegno e la vergogna impone di non far sentire e vedere agli altri ciò che dispiace a noi stessi. Ma siamo piú modeste persone. Cosí nel mio odio per le tesi paradossali ammetto senza discussione che il pudore esiste ed è una cosa molto delicata e rispettabilissima.
      Non posso ammettere però che possa esistere il pudore in astratto, come entità trascendente uomini e cose, perché altrimenti dovrei riconoscere che tutti gli uomini non fanno che continuamente oltraggiare questa nuova divinità giuridica. Eppure il codice, tanto caro in questi suoi articoli a tutti i pruriginosi Gigioni del nostro paese, lo ammette e lo salvaguarda. Tanto che i giudici, siano essi anche popolari, arrivano a conseguenze addirittura strabilianti. Vedete ciò che è capitato al repubblicano Chiavassa. Egli ha cercato di strangolare la sua amante cacciandole in gola il piú caro pegno d'amore, le rosee mutandine, e i giurati hanno ammesso la totale infermità di mente, e l'hanno mandato assolto. Ma il disgraziato non solo aveva fatto del male alla viva, concreta persona umana di Marta Mottura, aveva anche oltraggiato l'indefinibile ed evanescente divinità Pudore, e allora l'infermità di mente non è valsa piú di zero, e i giurati l'hanno implacabilmente condannato.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Sotto la mole
1916-1920
di Antonio Gramsci
pagine 742

   





Gigioni Chiavassa Marta Mottura Pudore