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      Mi piace veder giocare i bimbi perché li so liberi nei loro atteggiamenti; non regole di gioco, non leggi d'onore; la fantasia loro si crea mondi fittizi che non hanno logica né codici, e li pone in azione. Ma, come nella favola di Oscar Wilde, c'è sempre qualcuno che intralcia, che impedisce che la loro vita si espanda. La maestra ordina il rango che intona i primi versi e sta attenta a che nessuno sgarri il passo o la nota. La maestra rappresenta la società media coi suoi pregiudizi e la sua aridità, con le vanità e le debolezze di tanta gente che vuole immischiare anche i bimbi alle manifestazioni di ogni fiera politica o religiosa e li fa levare alle cinque del mattino perché possano andare alla stazione per le onoranze a Salandra o al cimitero per un illustre estinto, e nel meglio dei loro giochi, mentre l'aria dolce, tiepida della campagna inviterebbe queste piccole vittime della città a rincorrersi sul margine delle siepi o a unirsi in piccoli gruppi per comunicarsi pensierini e velleità da passerotti, la maestra fa stringere la fila, le gambe devono sollevarsi diritte e compassate secondo un ritmo di parole convenzionalmente marziali e patriottiche per rientrare nel grigiume della vita, nel casone enorme, nella via pericolosa, nella scuola arida, fatta di meccanicità come appunto il passo di parata e le canzonette che si ripetono non per ciò che significano, ma per ciò che suonano...
      (21 febbraio 1916).
     
     
      CANI ARRABBIATI
     
      È il grazioso nomignolo che ci dà uno dei tanti foglietti semiclandestini che pullulano all'ombra della Mole; quello che dell'attività umoristica pedemontana si è riserbato la bandita della politica estera, e ogni settimana spartisce per la cultura dei suoi lettori il mondo coi suoi annessi e connessi, riserbando naturalmente all'Italia la fetta piú grossa e piú dolce del panettone.


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Sotto la mole
1916-1920
di Antonio Gramsci
pagine 742

   





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