I nazionalisti, come quelli che si sentono piú in succhio perché perfettamente nell'orbita istituzionale, hanno preteso di dare il la del concertino e da buoni tedescofili della prima ora, non hanno mai potuto ammettere che ci dovesse essere una reciprocità. Libertà... sí, ma solo di difendere i siderurgici, gli armatori, gli zuccherieri dagli assalti demagogici della piazza. Libertà... sí, ma di esporre (censura compiacente annuendo) dei programmi di politica estera che dovevano farci urtare contro alleati già nostri, o che dovrebbero essere tali. [Quattro righe censurate] La patria... ma la nostra, s'intende, ché quella degli altri deve essere subordinata a quella di Tupin. E cosí via. Mazzini, Carlo Marx, Cavallotti, Cavour, in soffitta, e non secchino Francesco Coppola, o Girola. [Dieci righe censurate].
Vorremmo sapere come nel Fascio interventista torinese sarà accolto Tupin dopo la sua tiratina d'orecchi, e come risponderà l'avv. Zanardi nel «Fischietto», giornale che ormai solo a Torino continua le piú pure tradizioni del piú onesto e schietto dei partiti italiani.
(28 febbraio 1916).
COMMEDIE EDUCATIVE
Molti anni fa l'on. Federzoni tenne qui a Torino una conversazione ai suoi amici nazionalisti sull'argomento allora di palpitante attualità: La massoneria e l'esercito, nella quale il dott. Dulcamara bolognese raccontò fra l'altro un piccolo aneddoto della guerra anglo-boera che forse anche oggi potrebbe essere di palpitante attualità. Come cioè il generale Botha non impedisse all'esercito invasore il passaggio di un certo fiume, perché la sera prima aveva ricevuto in stretto incognito la visita di un ufficiale nemico, il quale nella gerarchia massonica poteva, e patriotticamente doveva, imporgli una volontà superiore.
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