(2 marzo 1916).
L'AVVOCATO
Domanda la parola il consigliere Cattaneo. Chi parla? L'ex assessore, il membro del comitato esecutivo dell'Esposizione, il difensore, l'accusato, l'accusatore, il consigliere comunale, e l'aspirante al sindacato e quindi al laticlavio? No, parla semplicemente l'avvocato, il prezioso del suo mestiere, il prof. R. G. Cattaneo, docente di diritto alla R. Università. Egli fa dell'arte per l'arte, vuol vincere la sua causa perché un grande avvocato come lui deve vincerle le cause.
Ciò è profondamente ripugnante e disonesto. Si può giustificare l'avvocato di mestiere che, pagato, difende chiunque domanda il suo patrocinio. Si è bensí sentito schifo qualche volta vedendo degli avvocati ridere e mostrarsi dei biglietti di banca, frutto della rapina dei loro clienti, difesi poco prima con le lacrime agli occhi precisamente dell'accusa di quel furto del quale l'avvocato era diventato in parte ricettatore. Ma c'è il sacro diritto della difesa e bisogna rispettarlo, anche se per esso l'untorello che ha per leggerezza o per necessità commesso un fallo debba accontentarsi di un avvocatuzzo d'ufficio, e si permette che dei ladri in grande col frutto del mestiere assoldino legulei di grido che sappiano a dovere muovere gli affetti.
Ma che il rappresentante di un corpo elettorale, il mandatario degli interessi pubblici, ricorra ai sistemi curialeschi anche fuori delle sedi competenti, e abusando della sua forza dialettica (ohibò! quanta esagerazione in fondo), cerchi di ridurre a vana schermaglia di parole vuote di significato una quistione che involge un principio di rettitudine amministrativa e di scrupolosità civica, è demagogico, è abietto.
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