Quella folla che mi circondava sentivo che non gioiva, non poteva piú gioire. Era intorno a noi, sopra di noi, come un incubo invisibile eppure terribile, un pensiero dominante e soverchiante cento clamori era come dentro di noi, carne della nostra carne, sangue del nostro sangue. Ed è cosí che ieri sera, sera di grasso, anch'io ero là a Porta Palazzo a suggere nell'aria umida una tristezza piú profonda, un'angoscia inesprimibile, ero là ad assistere all'agonia del Carnevale, cui la guerra ha dato l'ultimo tracollo. Mi spiace per Cian il teorico e per Grassi il tattico, ma il Carnevale è finito e una nuova tristezza ricomincia piú grande nella cenere quaresimale, piú profonda e piú diffusa.
E nell'attesa ritorno anch'io al giambo di Enotrio, al Carnevale lugubre di Enotrio.
[Sei righe censurate].
(7 marzo 1916).
CATONISMO
Catone trionfa. Il segaligno e bilioso romano che perseguitava con la ferula implacabile delle sue leggi il lusso eccessivo delle opulenti matrone, si è trasformato in rond-de-cuir, e armato di matita bleu cancella, cancella per la salvezza delle istituzioni e della pace sociale.
Il catonismo si è dilatato, ha invaso tutte le attività sociali e ha trovato nello stato di guerra l'ambiente favorevole per il suo completo sviluppo, come i microbi lo trovano nelle culture dei gabinetti anatomici. Non è l'intolleranza gagliarda di chi non può sopportare lo sproposito, di chi non può sopportare che il blocco granitico delle sue idee sia incrinato dall'equivoco e dal dondolismo; è lo stato d'animo che trova perfetta rispondenza nella massima di La Rochefoucauld: «A che pro convincere quando si può far tacere?
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