Che un balocco sia brutto o bello per i bambini non conta un fico secco, e i tedeschi, maestri in penetrazioni commerciali e compatrioti di Pestalozzi, ben lo sapevano. Gli ippopotami di pessimo gusto, le bambole di stracci, gli orribili musi cuciti, ecc. ecc., avevano fortuna e smercio precisamente per la loro bruttezza e per la loro impersonalità artistica.
Il bimbo non vuole che il balocco gli si imponga con la sua immagine sagomata in linee perfette e determinate, vuole che il balocco gli lasci ampia libertà di creazione. La sua fantasia crea il balocco, non viceversa. L'aritmetica è un'opinione, la bellezza è un opinione per i bambini; due piú due può essere uguale a un milione, e il piú sdrucito pulcinella può destare immagini e fantasia e giochi quali il piú perfetto gingillo uscito dalle mani di Leonardo Bistolfi non è capace di suscitare. Il fanciullino che dorme nel cuore degli artisti (specialmente se appartengono ad un circolo) è troppo ben educato e ha ricevuto sulla sua pelle troppe verniciature e leccature, perché ricordi le sue bizzarrie e i suoi capricci infantili. Il ragioniere Eugenio Chiesa, col suo gusto di salumaio, può essere per i giocattoli piú buon giudice di L. Ristolfi: non preoccupazioni di bellezza, ma solo preoccupazione di vendita, che per la formazione di un'industria nazionale è la piú nobile delle preoccupazioni. Poiché per vendere non bisogna avere preconcetti o proporsi dei programmi di educazione artistica, dato e non concesso inoltre che il bello possa essere insegnato cosí come l'alfabeto e la tavola pitagorica.
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