Ed ecco due casi per la Corte d'Assise. Non ho da fare l'avvocato: non voglio tentare una difesa preventiva ed intempestiva delle giovani delinquenti. Dico soltanto che ad uccidere le due creaturine appena che erano state date alla luce, piú che le madri sciagurate e certo colpevoli, è evidente che fu, come banalmente devesi quasi sempre constatare in casi simili, qualcosa che non dipende dalle volontà delle due ragazze, ma che non rimane estraneo al bene e al male borghesemente, cristianamente inteso. Qualcosa — dico — che non dev'essere gran che dissimile dal «rispetto umano», quindi dalla morale corrente. E forse non si erra a dedurre dai due fatti odierni di cronaca «nera» che la ragione economica, cioè lo sgomento dell'aggravio pecuniario che la vita di un nuovo essere importa alla madre proletaria, sola, abbandonata, entra nelle determinanti del delitto in subordine ad un altro sgomento, quello della reputazione infamata, del disonore, della offesa alla morale ostinatamente cattolica e scipitamente borghese.
Con che però non voglio concludere che la ragione materiale sia trascurabile ed illegittima e tale da non attenuare la colpa delle infanticide. Le quali non foss'altro possono ricordarci, nell'atto stesso che la legge borghese le colpisce, che i nostri costumi di civili per eccellenza, di civili insuperabili per le virtú latine, non hanno ancora acconsentito ad introdurre nella legislazione quella ricerca della paternità, garanzia morale e materiale che la barbara Germania e la nemica Austria già sanno dare ad ogni illegittimo ed inconscio nato di donna con la complicità dell'uomo, il quale in Italia di solito sfugge ad ogni responsabilità in onore e gloria alla nostra civiltà latina superiore ed insuperabile.
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