Noi invero, in questi tempi di psichiatria e di antropologia criminale, dovremmo non poter muovere lo stesso rimprovero alle forze ignote che regolano la vita umana, benché gli antropologi siano anche loro spesso vittime, come la comune dei mortali, di imbroglioni e di truffatori. Ma nondimeno dobbiamo essere grati a quelle quattro donne reduci dalla fiera di Novara, alle quali i questurini trovarono indosso tutto il necessario per stabilire che, pur non essendo state sorprese in flagrante, erano delle possibili borsaiole. Diamine, non si portano in giro, di quaresima, maschere, parrucche, velette, senza che la polizia abbia tutti i diritti di sospettare e di arrestare. Non capita tutti i giorni la fortuna di poter incontrare chi non aspetta dagli dèi il marchio di fabbrica e se lo porta egli stesso dentro il portafoglio o nella borsetta. Troppi rimproveri si son mossi alle guardie per la loro cecità, per la loro mancanza di fiuto. Un caustico scrittore viennese (è possibile citare uno scrittore viennese?), Carlo Kraus, era arrivato fino al punto di affermare: «La maggiore fortuna che sia sempre toccata alla polizia è che il 75 per cento degli arrestati non riescono a dimostrare la loro innocenza!» Immaginate un po' con che gioia il poliziotto, che segui col suo occhio linceo le quattro viaggiatrici da Novara a Torino, che notò nella loro faccia i segni progressivi del turbamento, della confusione, scoprí nelle loro borsette le maschere e le parrucche. Neanche se avesse scoperto un paio di dozzine di orologi e di anelli, sarebbe stato piú contento.
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