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      Ma, perdinci, che fare di fronte a chi, investito di domande, d'invettive, di accuse, non risponde, non si discolpa, confida nell'omertà giornalistica, fa assegnamento sulle facoltà di prestidigitazione dell'amico dell'amico di Ventimiglia, attende che noi, scavezzacolli, noi «libellisti» la facciamo finita per stanchezza, e tace, tace, anche quando la campagna si allarga, invade altri giornali, s'estende oltre l'ombra della... Mole, diventa una questione nazionale, e quanto poteva sembrare un ripicco, un dispetto, un escamotage per combattere un giornale bellico, apparisce nella sua vera luce, alieno d'ogni movente bassamente, pettegolmente personalistico? Tacere, tacere, tacere! È l'ultima speranziella del commendatore bavarese che s'affloscia ogni dí piú sotto il greve carico di una responsabilità che non perdona... Quel disgraziato è mediocre anche nella sua disonestà politica. Fosse almeno capace di un gesto d'energia, d'uno scatto d'ira! No! Egli indugia la sua trista fiducia sorniona nel silenzio. Confida in una speculazione che non «attacca» piú. — Ah! Ah! quelle canaglie, piú grosse ne dicono, meno possono essere credute. Ed io taccio, ed essi si stancheranno —. Il signor conte Orsi taceva anche quando, in una certa riunione, il signor sindaco faceva del suo meglio per fargli capire che avrebbe dovuto parlare.
      Conti senza l'oste, o codardo signor conte!
      Codesto vostro lubrico silenzio fatto di viltà e di paura, sarà lo scoglio contro il quale a noi sarà piú facile infrangere qualsiasi tentativo che i messeri di via Quattro Marzo vorranno ancora esplicare per dar credito a certe campagne di moralismo politico, dilettazione preferita dagli eredi boteriani.


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Sotto la mole
1916-1920
di Antonio Gramsci
pagine 742

   





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