Passerà anche il turbine che ci avvolge, passerà pure la costrizione alla nostra libertà d'espressione, e il silenzio del signor Orsi, di codesto mezzano del giornalismo, di codesto falso modesto che consuma ed esaurisce nella sua mediocrità sprezzante la propria mentalità gibbosa — attestazione assidua del vero che risulta anche nell'inversione del detto celebre che i latini amavano ripetere per le menti sane in corpo sano — il silenzio di codesto ignobile campione della tartuferia provincialesca superstite in una grande città come Torino, sarà pur sempre un argomento per schiacciare al muro, per immobilizzare nella bassura della loro tradizione i tradizionalisti di un piccolo mondo politico che è un impaccio al disfrenarsi delle nostre indomite passioni di lotta.
La losca faccenda dell'Esposizione varrà almeno a questo, quand'anche il commendatore bavarese non finisse in galera e la prescrizione scendesse ad avvolgere nel suo fitto velo le piccole e le grosse infamie patriotticamente consumate ai danni dei contribuenti.
Altro che sputi e sputacchiere, o melanconico Girola Tulin della «Patria»!
(21 marzo 1916).
IL GERMANOFILO CONTRITO
Il prof. Pio Foà ha portato al pubblico dell'Università popolare la buona novella. La sua anima che fino al 24 maggio 1915 era afflitta da un morboso movimento pendolare, ha in quel giorno riacquistato la sua verticalità. Sia lodato il dio dei cristiani e quello d'Israele che tante grazie hanno elargito, poiché, siccome l'anima di Pio Foà è universale, è il prototipo delle anime italiane, è tutta l'Italia che non pendoleggia piú e si è verticalizzata.
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