Ma lasciamo correre le acque per la china. Tanto, dopo che lo sbattere delle ruote del mulino avrà dato loro una effimera candidezza, riposando di nuovo nel quieto acquitrino riprenderanno di nuovo il colore livido e opaco che le distingue e che fa prosperare i girini e le erbe parassite.
(26 marzo 1916).
SOBILLATORI
[Diciassette righe censurate] [L'assem]blea degli azionisti della Fiat ha servito bene a rilevare qualche cosa. E tuttavia il giornale l'«Esercente» ha la faccia tosta di parlare di «micromani che vorrebbero sostituire i sistemi attuali con quelli gretti delle piccole vedute, dei piccoli compensi, delle economie mal intese, della piccineria insomma».
E tutto ciò perché si crede che guadagnare il cento per cento e assegnare compensi come quelli dati ai signori Fornara, Marchesi, Luciani di 400 000 lire, al Broglio di 450 000 lire, al Segre di 500 000 lire, all'Agnelli di 800 000 lire, al Marangoni di 300 000 lire, sia un pochino esagerato. L'«Esercente» ricorda che altrettanto si fa in America, in Francia ecc, e che quindi è un buon sintomo lo si faccia anche in Italia.
Questi paragoni sono grotteschi. Non si può mettere a confronto paesi a regime capitalista consolidato e diffuso in tutte le parti dello Stato con l'Italia, che ancora cerca la sua via e in cui esistono degli squilibri gravissimi tra regione e regione, tra città e campagna. Dal punto di vista della produzione stessa i fatti della Fiat sono scandalosi. Perché i sacrifici che tutti i contribuenti sono costretti a fare per le spese di guerra non si riversano sul paese stesso sotto forma di aumento della sua potenzialità produttiva, ma vanno semplicemente ad impinguare il portafoglio di singoli individui.
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