L'industria nazionale (a proposito, esiste un'industria nazionale farmaceutica?) deve davvero, per bocca di quell'eterno scocciatore che è il consigliere Borini, inibire la salute a tanti disgraziati che non rappresentano precisamente la trionfante nostra civiltà? Pare che ormai si tiri un po' troppo la corda, e che troppi scioccherelli salgano in bigoncia a far pompa di alto sentire e di squisita morbosità patriottica. Anche il 606 dovevano tirare in ballo per affliggerci con le loro lamentele di poveri cristi vittime di tutte le trappole, di tutti i tranelli tesi dalla perfidia teutonica. O perché il dottor Borini non ha pensato lui ad inventare qualcosa che equivalesse a ciò che ci ha dato il dottor Ehrlich?
Non c'è cosa piú compassionevole della mediocrità bolsa e boriosa che s'impenna e si ribella per non riconoscere ciò che gli altri con la loro attività e il loro lavoro hanno creato ed imposto.
(1° aprile 1916).
LA VITA E LA MORTE
Ma se vitaSarà la nostra morte
Nella vitaViviamo solo la morte.
Sono versi di Carlo Michelstaedter, un goriziano uccisosi a ventitre anni perché non riuscí a porre d'accordo la pratica quotidiana coi principî della morale di Kant.
E rileggo la cronaca che racconta, e infiorandola di particolari e di aggettivi eroici, la morte dell'aviatore pugnante. Anch'esso è morto al fronte. Un fronte di guerra che è antico quanto l'uomo e deve spezzare non una cintura di fil di ferro e di casotti per doganieri, ma l'invisibile barriera fra il regno dello spirito e dell'intelligenza e quello delle forze brute naturali.
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