In complesso abbiamo detto che un profitto del cento per cento (l'amico avvocato sa che c'è ben altro e gli utili vanno oltre quella vistosa percentuale) è esorbitante, è indecente in tempo di guerra quando lo Stato, che lo consente attraverso le forniture per l'esercito, chiede ai cittadini i piú grandi sacrifici, chiede la vita anche a chi non gliela vorrebbe dare.
Ed io non ho affatto inteso individuare le responsabilità. Ora sarebbe interessante sapere come si farà per togliere lo sconcio che abbiamo denudato e denunziato con la consueta rudezza. Lasci stare la negazione fraintesa, l'amico avvocato, e ci dia per la bisogna i suoi lumi di amico e di avvocato e di civilista.
(7 aprile 1916).
L'ASSEMBLEA DEI PESCICANI
Riunione del consiglio della Camera del commercio. Un bel palazzo, dello stile che piacque all'aristocrazia torinese, quando i ricchi avevano il culto della casa: un ampio solenne scalone dalla balaustrata marmorea, una fuga di sale lussuose; incombe ovunque il silenzio piú austero. Nel soffitto della sala consiliare una grande allegoria campeggia.
[Tre righe censurate] che, nella meschina uniforme moderna, sovrasta al seggio presidenziale. Intorno gli stalli elegantissimi, di legno scolpito e dorato, accolgono i principi del ferro e della carta, i duchi della nostra civiltà, che da tutti noi, piccoli oscuri uomini, sanno esigere il contributo del nostro sudore, del nostro lavoro.
La seduta è aperta... Il pescecane presidente si rivolge ai colleghi; la voce è blanda, melliflua; un piccolo dolce sorriso gli erra perpetuo sulle labbra socchiuse, ma che subito scoprono i due incisivi superiori prominenti, e sembrano zanne, buone sempre al morso.
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Stato Camera
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