Ma parla troppo chiaro... Annuncia tranquillamente che i proprietari dei molini sofisticheranno le farine; altrimenti, dice lui, ci rimettono.
I pescicani disapprovano... Che diavolo? Un po' di prudenza; si capisce, tutti vendiamo cotone per lana, ma non c'è nessun bisogno di proclamarlo, così, in pubblico. Quindi Corinaldi, cranio lucido, pizzo bianco, pescecane invecchiato e scaltrito — quante vicende, quante burrasche superate... per buona sorte che c'è nell'oceano della vita fortuna e giustizia per gli audaci... — protesta contro le affermazioni del Vottero. «Anche i consumatori devono essere tutelati; io incetto il grano, tu arrangi le farine, l'altro lavora il pane, ma gli interessi dei consumatori ci siano sacri». Rossi annuisce. È un pescecane molto grosso e tutti hanno per lui una riverenza un po' ironica, il rispetto che in una banda di ladri si ha per colui che recita bene la parte decorativa, ma utilissima per tutti, dell'onestà e della bonomia. Anche lui grida contro gli zuccherieri... sfruttatori ignobili che non vogliono vendergli lo zucchero, necessario per fabbricare il suo vermouth, ai prezzi fissati dal governo; piange sulla sorte dei poveri cittadini, afflitti dal rincaro dei viveri, è rabbioso contro i droghieri e i panettieri che non rispettano i suoi decreti. Pesciolini, pesciolini, ubbidite se no... I pescicani approvano; i piccoli esercenti litigheranno con i consumatori; nessuno oserà scrutare i loro affari.
La seduta è finita. Uuf! Un po' d'aria... che puzza di milioni sudici là dentro!
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Corinaldi Vottero
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