Chi aveva superato tutti i Bevioni, tutti i Castellini e i Piazza del giornalismo giolittiano nello sparar grosso sulla fertilità, sulla feracità della terra promessa libica, non aveva piú diritto di appartenere alla famiglia del proletariato italiano, e la sua espulsione, breve e recisa, non suscitò rimpianti né echi di dolore. Il ramo secco cadeva dall'albero vigoroso per esaurimento delle linfe vitali e il fuoco fatuo vaneggiante nelle sue barzellette di cattiva lega sul marito dell'amica, veniva riassorbito dalla grassa terra dei camposanti. Era passato il tempo che il socialismo, pur di trovar presa nelle masse disorganizzate, si trastullava con tutti gli scolaticci degli scandali da sacco nero, e bussava e picchiava disperatamente a tutti gli usci e si disperdeva nei blocchi demomassonici pur di potersi affermare, pur di far scivolare nel tumulto piazzaiolo la propaganda di un principio suo, tutto suo. Oramai il processo di individuazione era compiuto, e incominciava quello di isolamento, di opposizione a tutti i cugini di primo, secondo, terzo grado che s'aggrappavano alla trionfalmente robusta nuova personalità. E Podrecca e soci furono tagliati fuori, e passarono alla preistoria, al caos, al regno dell'indistinto. La loro voce arriva ormai fiacca e scialba alle nostre orecchie, come una voce di oltretomba. Il giudizio è inappellabile, onorevoli vittime dell'intransigenza e del domenicanismo socialista. Continuate pure a frugare nelle cloache con la fiocina del ciccaiolo, per la pesca di scandaletti di sacrestia, a blaterare contro la Kultur tedesca, contro Kant, contro tutti quelli che sono troppo in alto perché le unghiette vostre di bambini imbizziti possano scalfire.
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