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      Da un pezzo il messere si trastullava a indicarci alla giustizia esecutiva come malfattori pericolosi, senza assumere mai una responsabilità, senza specificare mai un'accusa.
      L'abbiamo colto nel laccio proprio in ciò che sembrava la sua fortezza, la sua torre d'avorio: la correttezza personale. E abbiamo menato la ferula, talvolta rudemente. La patria può esserci grata: abbiamo tolto dalla circolazione una moneta falsa, un uomo che nel suo antigiolittismo ha la mentalità piú squisitamente giolittiana: la doppiezza e l'impotenza a creare qualcosa di duraturo.
      Questi sono stati i nostri moventi, o ameno Coppoletto del nazionalismo torinese! Il nostro astio è quello che tutti i galantuomini hanno sempre nutrito per le persone oblique; è quello che in lotte ben piú importanti e nelle rivoluzioni ha dato a qualcuno la forza necessaria per poter dire: pur che trionfi la giustizia, perisca il mondo!
      La colpa non è nostra se il perverso destino ha posto dinanzi alla punta dei nostri stivali dei cenci sporchi come gli Orsi, gli Sbroda e i Coppoletti della miseria politica cittadina.
      (19 aprile 1916).
     
     
      GIOVEDÍ SANTO
     
      Per chi ha da esercitare ogni giorno il mestieraccio, la cosa riesce alquanto proficua. Già intanto io apro ogni mattina quel foglio con uno o piú sbadigli di sollievo e di ilarità. Ogni giorno se ne ha una almeno. Non se l'abbiano a male i «cari colleghi». Dacché faccio iniezioni di sangue... d'agnello la nota è mutata. L'ira non mi rapprende, neppure se mi viene dato di sapere che il nostro celebre «aria ai monti» giura dinanzi ai giudici militari che quand'anche un certo imputato venisse condannato (o meglio, qualunque cosa capiti, nevvero signor conte?


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Sotto la mole
1916-1920
di Antonio Gramsci
pagine 742

   





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