Uno storico di Napoleone, pur esso torinese, abituato a documentare le sue ricerche e le sue monografie press'a poco come Marco, il sanguinario, documenta le sue cronache di palazzo Siccardi, pubblicò un epistolario inedito di una dama che giurava e spergiurava di aver proprio coi suoi occhi visti gli Iperborei passeggiare per le vie di Glasgow e di Edimburgo. La correttezza personale del direttore del «Popolo» s'impose, come al solito, la disciplina del silenzio; il tempo naturalmente gli avrebbe dato ragione, come è solito, da gran galantuomo, darla a chi se la merita.
Un anno e mezzo è trascorso. La giubilante notizia è arrivata. Sono finalmente alla Cannebière i tanto attesi. La disciplina del silenzio ha prodotto i suoi frutti. Pensate ai mostri che attendevano in agguato la flotta fantasma, alle insidie che avrebbero potuto inghiottirla fra le brume e le nebbie, alle Circi che avrebbero potuto trasformare in bestie immonde gli eroi del nuovo ciclo epico. Perché dar loro le notizie precise sull'itinerario, sul contingente, sui fini? Meglio inghiottire in santa pace gli scherni dei maligni, gli sberleffi e i lazzi degli scettici impertinenti. Il tempo avrebbe dato ragione. Certo un anno e mezzo è un po' troppo in questi tempi di telegrafo senza fili e di transatlantici a molte eliche, ma bisogna pensare che si tratta di Iperborei, di primitivi che seguivano una rotta omerica di circumnavigazione, remigando affannosamente alla ventura senza possibilità di approdi, tutti insidiosi.
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