Non è la prima volta che ciò si verifica nella storia. In qualche paese di montagna ricordano ancora con terrore le scene che succedevano cinquanta, settant'anni fa, quando i coscritti venivano arruolati per un servizio che durava anche dieci o dodici anni. Era come un saturnale dei bassi istinti dell'uomo: nelle case dei parenti le madri intonavano il canto delle prefiche per quelli che non speravano piú rivedere, e gli altri si asserragliavano per non vedere le loro donne violate, il loro bestiame ucciso, i loro campi devastati dalle bande di reclute che facevano le prime prove della forza che crea il diritto.
Oggi — Giove sia lodato! — ciò non succede piú, perché, si voglia o non si voglia, qualche progresso s'è pur fatto. Si susseguono i cosí detti «drammi d'amore» per dar lavoro ai cronisti. Ma in fondo in fondo, non ci si può lamentare troppo.
(4 maggio 1916).
LEGGI ECONOMICHE
È stata una buona lezione d'umiltà. Perché lamentarsi sempre e con tutti del rincaro dei viveri, della impossibilità di andare innanzi di questo passo, ecc., ecc.? Il cameriere che mi serve i fieri pasti in trattoria m'ha dimostrato in quattro e quattr'otto che io ho torto marcio, e che contro le leggi economiche è vano dar di cozzo. Veramente non si tratta di una persona comune, di un qualsiasi lavoratore della mensa.
Legge e riflette sulle verità che i quotidiani ammanniscono prodigiosamente nelle loro pagine economiche: ha viaggiato, ha imparato da sé il francese e il tedesco, e, cosa strana, non si vergogna di conoscere quest'ultimo come tanti professori d'università e tanti deputati al parlamento che l'hanno di colpo dimenticato (qualcuno dubita l'abbiano mai appreso), e non veglia le insonni notti sulle grammatiche inglesi per mettersi all'altezza dei tempi.
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