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      Tutto ciò è fatale, ma, per farle piacere, aggiungerò che è fatalmente borghese. Se i gioielli costassero come i pezzi di vetro, a che pro essere ricchi? La contadina potrebbe ornarsi come una duchessa. Ma vede che anche ieri le leggi economiche provvedevano all'uopo, e tenevano ferme le debite distanze. Oggi, nel momento eccezionale, esse sono piú gravose, piú schiaccianti, ma non meno logiche perciò.
      Lezione di umiltà, evidentemente. Ma è evidente anche che questa benedetta fatalità è uno spauracchio che convince solo molto relativamente. Perché tutte le leggi, anche quelle che paiono piú metafisiche, piú impalpabili, sono in realtà l'esponente di uno stato di fatto, le cui responsabilità si possono sempre impersonare o meglio, se si potesse dire, inclassare.
      (5 maggio 1916).
     
     
      LETTERA AD UN PEDAGOGO
     
      L'avv. Arturo Brusasco è una carissima persona. A chi lo guarda nella corporatura atletica e nella cravatta svolazzante e nel cappello a larghe falde, può subitamente ispirare un salutare timore come uomo che sembra avere molta energia ed ottimi muscoli, ma la cascaggine naturale della persona ed una certa vaga mollezza del gestire e del parlare fanno presto avveduti che la prima impressione non è la buona. Chi poi legge la sua «Gazzetta dei tribunali», si avvede che il direttore dev'essere molto buono. C'è sempre un tono dolce di papà, che ammonisce gli avvocati torinesi, senza riuscire mai, anche quando vuol fare la voce grossa, a persuadere che le sue sgridate debbano essere prese sul serio: c'è diffusa una larga, tollerante bonomia di uomo scettico ed abituato a vederne ed a sentirne di tutti i colori e d'ogni sapore, che addolcisce lo scandalo piú grave e sparge un po' d'ironia benevola sulle disavventure dei coniugi, e stempera in latte e miele il drammaccio d'amore e di morte.


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Sotto la mole
1916-1920
di Antonio Gramsci
pagine 742

   





Brusasco