Siamo in istato di guerra, e il tardare significa essere affamati. Ma gli storici codini inorridiscono nel narrare che durante la Rivoluzione francese gli amministratori inetti venivano ghigliottinati.
(14 maggio 1916).
SI DOMANDANO LUMI
Non sappiamo cosa sia accaduto, ma certamente qualche cosa è accaduto. Perché il nero non può diventar bianco e viceversa solo per opera dello spirito santo. Il fatto è che il grido di dàgli all'untore! è stato emesso, è stato raccolto, ha avuto degli echi e pare continuerà ad averne. L'untore è il prefetto Verdinois. Egli era arrivato a Torino col capo circonfuso dell'aureola dell'arcangelo vendicatore. Novello Ercole, avrebbe dovuto pulire le giolittiane stalle (stalle lo sono certamente) di Augia, purificare, moralizzare. La «Gazzetta» era arcisoddisfatta; il «Momento» e la «Stampa» sembrava a tutti masticassero amaro. Un'èra nuova si preparava: èra di giustizia, di equità distributiva, di arresti di sovversivi, di amichevoli strette di mano fra questurini e rivoluzionari interventisti.
Or che succede, perché si rompa l'idillio? Quali fatti sono successi che a noi sfuggono, ma che possono avere avuto tanta importanza da determinare una cosí repentina levata di scudi? Un consigliere comunale che è diventato la lancia spezzata dell'amministrazione Rossi, che scrive nell'edizione serale di un giornale cittadino (heu pudor!, e perché non nell'altra?) dei soffietti pieni di rugiadosa untuosità, potrebbe darci dei lumi in proposito. Potrebbe spiegarci come mai il prefetto da salandrino sia diventato di colpo d'un giolittismo piú nero del carbone, come mai sia possibile fare delle sottili distinzioni fra prefetto, governo e giunta municipale e scaraventare tutta addosso al primo la responsabilità della mancanza di grano a Torino, mentre gli altri due sarebbero candidi di colpe come agnellini.
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