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      Verdinois salandrino o giolittiano per noi fa lo stesso. Il cambiamento di etichetta non può far cambiare il contenuto del barattolo, che rimane allo stesso modo repulsivo. È verissimo che Verdinois se ne frega di tutto e di tutti. Desidera soprattutto rimanere tranquillo. Probabilmente non sa come cavarsela fra le necessità salandrine del momento e le eventualità del futuro, che potrebbe, chi sa, anche essere giolittiano. Il che non gli impedisce di fare discretamente il suo mestiere di poliziotto, se non sa fare quello di amministratore.
      Ma questa commediola che vediamo recitare ci interessa, stuzzica la nostra curiosità; l'abbraccio mandato da Verona a chi primo mosse la pedina, ci ha commossi fino ai precordi. Ed è a costui, a questo consigliere comunale in partibus infidelium che domandiamo per favore sul suo quotidiano, non un articolone ma una letterina, una semplice e modesta, garbata letterina, come egli sa scriverne tante, dove ci siano i sospirati lumi, che ci rischiarino e salvino l'anima nostra dal peccato mortale.
      (15 maggio 1916).
     
     
      PER UN MANDARINO DELL'UNIVERSITÀ
     
      Cari amici,
      lasciate che oggi sia io a riempire questo angolo della vostra pagina. Da qualche mattina mi alzo da letto con una maledettissima, carducciana voglia di fare a pugni con qualcuno. È forse la primavera che sveglia anche nel mio sangue coagulato di pedagogo dei fermenti impuri, degli stimoli irresistibili di azione diretta.
      Voglio prendere per il petto l'illustrissimo prof. Cian. Voglio sballottarmelo ben bene, questo noioso cultore del pettegolezzo letterario, questo epistolografo da bocca del leone, questo sterile ciucciariello che non essendo riuscito a eiaculare dal suo cervellaccio di struzzo altro che noiosissimi quintaliferi volumi su Dieci anni di vita di P. Bembo (800 pagine), su l'influsso del teatro spagnolo in Italia (900 pagine), sul veltro dantesco (750 pagine) ecc., cerca di procurarsi nomea e benemerenze denunziando alle autorità scolastiche tutti quei professori che hanno il torto di voler fare solo il loro dovere di insegnanti e che non vogliono intrufolarsi nella politica militante per cogliere il sospirato alloro del patriottismo.


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Sotto la mole
1916-1920
di Antonio Gramsci
pagine 742

   





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