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      Eppure gutta cavat lapidem; seguiamone pazientemente una al giorno, verrà forse il momento in cui la misura sarà colma.
      Chi non è andato ad ossequiare Teofilo? A chi non ha offerto un ricevimento, un banchetto, un discorso? Dove non è corso affannoso e traballante in cerca di un voto, d'un plauso, d'una decorazione? E come poteva quindi mancare alla gonfiatura clericale di questo illustre, ma non meno sconosciuto monsignore? Lo hanno salutato all'arrivo in Italia, lo hanno ossequiato durante il viaggio, lo hanno ricevuto in pompa magna a Porta Nuova, continuano oggi a fargli visita, e dimenarglisi intorno, tanto che c'è da domandarsi in verità chi sia, che abbia fatto di cosí geniale, di cosí straordinario il cardinale Cagliero. Probabilmente non lo sa neppure «aria ai monti». Ma è necessario che cosí sia.
      Piú grande è la rovina interna della fede e dell'idea cristiana, maggiori sono le magnificenze esteriori. Già nella storia, altre volte fu cosí. Mai titoli numerosi, e sonanti, mai tanta pompa solenne di abbigliamenti, mai tanta rigidezza di etichetta, tanto stuolo di cortigiani, ed appariscenze di cortigianerie ebbero gli imperatori bizantini, come quando nulle erano le autorità e la possanza loro e l'impero infracidito attendeva la tempesta per il crollo.
      Intorno ai rappresentanti ufficiali delle chiese si affolla ostentatamente riverente la borghesia. Forse può ancora dare la salvezza. Perché il marchese Crispolti già disse:
      In terzo luogo si sentí che l'intervento di un altissimo potere morale avrebbe potuto contribuire a dissolvere la grande incognita del domani, ossia il contegno dei popoli nell'interno di ciascun Stato.


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Sotto la mole
1916-1920
di Antonio Gramsci
pagine 742

   





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