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      Era facile determinare anche nel Medioevo, in questa età che mancava della nozione esatta del tempo e dello spazio perché il mondo non era ancora stato ricoperto della rete fitta dei meridiani, dei paralleli e dei fusi orari, che Budda era vissuto cinquecento anni prima di Cristo e non poteva quindi essere un testimone della fede. Eppure la leggenda di S. Giosafat fece strada e trovò chi l'accolse.
      Pensate ora se possa fare meraviglia il sapere che a Torino c'è chi crede ed è pronto a giurare sul miracolo nuovo di S. Antonio. Il colle dei Cappuccini, i cui misteri gaudiosi non hanno ancora trovato il loro cronista (e noi siamo troppo alieni dall'alimentare le manie degli scandaletti di sacrestia per diventarlo), è il luogo santo dove nel robusto e spregiudicato Piemonte si è rivelata la voce di dio. S. Antonio è disceso dalla cornice che lo contiene, si è presentato a dei soldati ed ha annunziato loro per il 13 giugno la pace.
      Lo stesso fatto si legge essere successo a Padova e a Monfalcone.
      La macchia d'olio si estende: la stessa forza imponderabile che di bocca in bocca portava nel Medioevo la notizia dei miracoli di S. Giosafat, porta ancora nel tempo nostro, disprezzando il giornale e il telegrafo, la notizia del miracolo del santo di Padova. E dove il terreno è propizio germina il fatto nuovo, si ripete il miracolo e la fede, cosí almeno si dice, se ne rafforza.
      Ma che aspetta l'autorità ecclesiastica ad intervenire? Il 13 giugno è vicino, e le scadenze a data fissa sono pericolose per i santi come per i banchieri.


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Sotto la mole
1916-1920
di Antonio Gramsci
pagine 742

   





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