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      La famiglia è troppa parte della vita sociale perché i socialisti non pensassero a farla rientrare nel mito della società che si proponevano di costruire. Hanno risolto il problema in modo che la libertà dell'individuo ne venisse intaccata il meno possibile. Prendete questa soluzione nella sua rigida integrità, adattatela ai casi che volta a volta si svolgono nella vita attuale, ed essa si dimostrerà insufficiente, mostrerà incrinature piú o meno visibili. Ma consideratela solo come un tentativo di svecchiamento, come quella fra le tante che offre un maggior numero di possibilità di minori inconvenienti e poi attaccatela pure se vi pare. Quando avrete dimostrato che la vostra istituzione è piú elastica, piú plastica, che si adagia meglio nei tanti cervelli che fioriscono nel giardino del mondo, noi ci convertiremo. Ma il buttarci fra le gambe un cadavere e farci su una sghignazzata spiritosa per porci in imbarazzo, non vale a nulla. Uno, va bene, è stato travolto anche trovandosi in quelle tali condizioni (ma si trovava poi davvero in quelle tali condizioni?), ma quanti sono travolti appunto perché non ci si trovano?
      (1° giugno 1916).
     
     
      INSANIA E INTEMPERANZA
     
      È avvenuto ciò che doveva avvenire. Quelli che Enrico Leone ha chiamato «socialisti verbali», nei quali cioè il socialismo era solo una veste retorica, un'abitudine oratoria e non una formazione nuova del carattere, un accumularsi di esperienze nuove che imprimono alla vita una traiettoria nuova, appena rientrati nei ranghi (e doveva essere una cosa provvisoria, a sentirli dire) ci si sono trovati a meraviglia, si sono adagiati integralmente in essi.


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Sotto la mole
1916-1920
di Antonio Gramsci
pagine 742

   





Enrico Leone