Viene ricordato con insistenza che l'organizzazione proletaria a Torino è tutt'altro che in quelle floridissime condizioni che da qualcuno può credersi. E ciò si dà come ammesso. Ma vuol pretendersi forse che la fondazione di un quotidiano verrebbe ad intralciare in qualche modo ogni ulteriore sviluppo di questi organismi, o che le energie dedicate ad un giornale siano distolte dagli altri obiettivi? Il Bertero, e chi la pensa come lui, sono sperduti in pieno in un labirinto senza uscita, e ciò non fa molto onore a chi ha la pretesa di nuotare in piena realtà e ride degli altri che hanno il capo tra le nuvole. L'organizzazione come fine a se stessa è un inciampo al divenire del socialismo, e non è affatto un propulsore di progresso. Educa all'egoismo, trascende nel corporativismo, nelle gare di categoria. Polverizza le forze proletarie, e noi sentiamo invece sempre maggiore il bisogno dell'unità, della coesione. Per ottenere queste bisogna creare degli organi competenti, bisogna domandare anche dei sacrifici, bisogna che la massa amorfa, fluttuante, come la chiama anche il Bertero, sia rinsaldata da un entusiasmo, da un'abitudine intellettuale. L'organizzazione ha essenzialmente dei fini immediati, piú che altro economici; serve a costituire dei ranghi, ma questi devono essere mantenuti sempre integri e compatti da un'idea generale, da un fine lontano, che imponga una disciplina costante, metodica. Solo lo sciopero realizza attualmente l'unità delle organizzazioni; ma lo sciopero non può essere in permanenza.
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