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      Non siamo entusiastici ammiratori del diritto del pugno; eppure quei pugni vibrati robustamente sul ceffo di Bevione ci riempiono di giubilo e di ammirazione. Un pugno non è certo un ragionamento; ma è l'unica risposta che si può contrapporre ai «ragionamenti» di Bevione. Questi si trova ora imprigionato in un dilemma categorico. Cazzottato, ha l'obbligo, impostogli dai pregiudizi dei quali è schiavo, di ottenere una riparazione. Questa gli viene offerta nella forma piú onorifica per un galantuomo — le scuse — ma a condizione che dimostri, con documenti meno... da corrispondente speciale, la verità delle sue insinuazioni. Altrimenti né scuse né duello, e invece promessa di altre vilissime vie di fatto. Mazzoni è veramente ammirevole, nella sua logica. Tutti gli imparziali dovrebbero riconoscerlo: ha trovato nel caso specifico il modo perfetto per mettere con le spalle al muro il piú ributtante degli sparafucili della pennaioleria, inchiodandolo al ridicolo colle sue stesse armi. Ed un cazzotto, un umilissimo facchinesco cazzotto ne è stato il mezzo piú efficace. Pertanto elogiamo il cazzotto.
      Bevione era riuscito ad arrampicarsi al seggio parlamentare dando delle sue qualità politiche prove poco dissimili da questa. Affermò che i ginepri erano olivi, che gli arabi della Cirenaica ci aspettavano a braccia aperte, mandò corrispondenze da Bengasi, mentre si trovava a Tripoli, sostenne che la sabbia era humus, e che un pozzo era una falda acquifera. Scrisse una lettera aperta all'on.


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Sotto la mole
1916-1920
di Antonio Gramsci
pagine 742

   





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