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      Tramandiamo ai posteri la memoria dei poliziotti; è quanto di meglio la nuova Italia abbia saputo produrre. In via Ospedale, nel palazzo della questura, il comm. Carmarino degnamente sarà quarto tra gli altri tre.
      L'Alfieri, nebulosa aspirazione a maggiori libertà, eterno scontento, che nelle soluzioni offerte dalla vita non trova quella che lo soddisfi, nemico della tirannide, ma piú che altro misantropo perché fatto certo che la tirannide non è solo nel governo dell'uno, ma anche in quello dei pochi, e in quello di tutti. Il Gioberti, teorico di uno Stato teologico. Cavour, assertore e unico realizzatore dello Stato liberale. Quarto Carmarino, né teorico, né uomo di governo, testimonio semplicemente, funzionario — dicono ottimo funzionario — dello Stato poliziotto. La sua lapide è un simbolo, le adesioni di tante personalità spiccate alle sue onoranze sono la naturale conseguenza di uno stato di cose. Ha ragione il delegato Donvito a prendere tali iniziative. Anche a lui ed a Intaglietta è dovuta la lapide. Sono gli italiani piú rappresentativi costoro e bisogna che la loro memoria rimanga. Mazzini può aspettare nello studio dello scultore Belli: Torino non ha luogo nelle sue aiuole fiorite per la sua pensosa taciturnità. Deve ornare il suo ordine architettonico con gli strumenti dell'ordine.
      Un consiglio: i monumenti dovrebbero rappresentare i poliziotti in borghese, il simbolo sarà piú completo. Perché importa allo Stato italiano essere e non parere; la efficacia è maggiore.


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Sotto la mole
1916-1920
di Antonio Gramsci
pagine 742

   





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