La nostra non era pertanto rifrittura stantia di certi pregiudizi e di vecchie eresie. Era semplicemente un portare alle estreme conseguenze una tendenza per mostrarne meglio la fallacia e l'unilateralità. Che l'organizzazione, quando diventa fine a se stessa, sia un inciampo al divenire socialista, in quanto disgrega la classe con lo spirito di corporativismo e, peggio, di categoria, nessuno può mettere in dubbio, perché gli esempi da citare non mancano, e del resto tutti li conoscono. E che sia un volere l'organizzazione fine a se stessa il farla unica preoccupazione del proprio spirito, unico fine immediato da raggiungere, non è neppure facilmente controvertibile. Allora perché tanta scalmana? Il prospettare delle verità come questa non deve essere offensivo per nessuno, perché nel caso concreto non vanno a colpire nessuno nella sua attività specifica. Sono semplici battute polemiche, utili se non altro a ricordare ciò che non deve mai essere dimenticato. Il movimento socialista, specialmente a Torino, è diventato troppo complesso e conscio di sé perché certi pericoli diventino realtà. Le nostre organizzazioni, anche le piú pletoriche e fluttuanti, nei momenti decisivi hanno saputo dimostrare di avere immagazzinato nella coscienza collettiva quanta energia rivoluzionaria è necessaria anche per i sacrifici piú umili, piú ignorati e perciò piú meritori. Ma ciò non autorizza a riposare, ad abbandonare le posizioni di battaglia. L'educazione socialista del proletariato si compie ogni giorno, in ogni atto, per ogni atteggiamento ideale.
| |
Torino
|