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      Solo ciò che è opera, conquista nostra, ha valore per noi, diventa parte di noi stessi, non ciò che viene elargito da un potere superiore, sia esso lo Stato borghese, o sia la Madonna della Consolata. Non è quindi solo la ripugnanza per il rito, per l'esteriorità, per il simbolismo ormai vuoto di ogni contenuto di fede che, a malgrado gli sforzi dialettici di qualche abile casuista, ci tiene lontani dal cattolicismo. È l'antitesi insanabile delle idee; l'uomo che ha acquistato coscienza della forza della sua volontà, dell'efficacia della sua coscienza nella storia, non vuole piú saperne della Consolata e delle sue virtú taumaturgiche. E nel mondo cattolico ci sono ancora troppe Consolate.
      (21 giugno 1916).
     
     
      TEODORO E SOCIO
     
      Alcuni episodi minimi della recentissima crisi di governo, annunziati in poche righe dai giornali, hanno gettato sprazzi di luce rivelatrice su uomini e su metodi, su maneggi e su retroscene.
      La «Stampa», in una corrispondenza romana, varava una candidatura di Teofilo Rossi ad un qualsiasi ministero. Chi sa perché: per levarselo d'intorno a Torino, o per introdurre nel ministero un fido segugio di S. E. Giolitti, nel cui nome possono riconciliarsi Rossi e Frassati? Purtroppo l'affare non attaccò: nessun altro giornale ne fece cenno, ed il posto riservato al senatore piemontese fu conquistato da Ruffini. Ma Teofilo non rimase inerte, si precipitò a Roma e fu ricevuto da Boselli. Che cosa succedette? Quali argomenti e quali parole commoventi ebbe per perorare la sua causa o quella del fratello?


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Sotto la mole
1916-1920
di Antonio Gramsci
pagine 742

   





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