Il «Momento» batte sul cane perché la censura politica non permetterebbe di battere sul padrone, e ricorre perfino a Benvenuto da Imola per dimostrare che il francese è figlio bastardo del latino, e che la «piú bella e dolce e nobile ed efficace lingua del mondo è la nostra, chiamata perciò dal Foscolo: divina favella». Tutte le censure possono essere soddisfatte. Il «Momento» avrebbe tante cose interessanti da scrivere. Per esempio potrebbe dirci il suo pensiero sui gesuiti che conquistano le chiese e mettono sulla strada i parroci da venticinque anni officianti. Ma l'arcivescovo ha posto il veto. Potrebbe dirci tante cose sulle questioni del giorno, la cui sola enumerazione è vietata, ma la censura politica lo vieta. E allora, riflettendoci su un pochino, arriva alla conclusione che la lingua italiana è pure una bella cosa, anche se la mordacchia la comprime. E rifila l'articolo per Benvenuto da Imola, per il romanticismo di Dante contro quello tedesco e francese, per le viole mammole e i papaveri contro i cardi e i pungitopo. Non manca piú che il referendum e il concorso a premio per la migliore poesia sull'argomento.
Anche noi bisogna che troviamo il diversivo. La «divina favella» o l'esperanto, o il modo di purgarsi con un nuovo citrato, non importa. Perché, se la censura ci proibisce di scrivere su cose nostre, [...](2), se non vuole polemiche sindacali, né schermaglie di idee, bisogna pur trovarlo un surrogato. Un boschetto arcadico, i nei artificiali, gli amori delle oneste villanelle, la colica del canino del prevosto: a ciò deve ridursi ogni buon italiano, a maggior gloria del ministero nazionale.
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