Ché il silenzio sembra un sistema meraviglioso. Come i gesuiti, cosí i signori dell'Esposizione.
Accusati di pessima amministrazione, invitati a rendere i conti, convinti di sperperi, di incapacità, di debolezze verso ladri ed avventurieri, tutta questa brava gente tace. Senatori, assessori, commendatori, giornalisti non rispondono, non si difendono. Si può accusarli ed ingiuriarli, non c'è pericolo che si rivoltino. Il cane a cui si pesta la coda abbaia, e tenta di azzannare; costoro proseguono impassibili. Stretti gli uni agli altri, consci della necessità suprema di una solidarietà cieca ed assoluta, preoccupati solo di resistere fino a che sarà possibile agli assalti del popolo, che ogni loro fortezza assedia e sta per sormontare, hanno troppa paura per poter ancora avere libertà, e potersi permettere il lusso di tutelare la propria dignità. Alla borghesia torinese chi un calcio vuol dare? Chi vuole sputacchiare sul viso ad un pezzo grosso qualsiasi della politica? Non c'è nessun pericolo, nessuno si ribellerà.
(7 luglio 1916).
IL DESTINO
L'estimazione in cui è tenuto il tozzo deputato del quarto collegio non ha bisogno di illustrazione; e i suoi escamotages, i suoi giochi di prestidigitazione lo hanno ormai esautorato. Codesto Tartarin della politica torinese non incute piú timore. Il saltimbanco può esilarare, ma non intimorire. Neppure nella Karneval-Nation si può passare con qualche probabilità di successo da una situazione politica ad un'altra: dalla «Stampa» alla «Gazzetta», o dall'«Avanti!
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Esposizione Tartarin Karneval-Nation
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