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      Cose comuni.
      Ah, no! Io m'ergo e grido! A voi giovinetti urlanti inni di guerra, a voi professori che negli ospitali cinematografi, regge e palazzi di Max Linder e di Capozzi, lanciate le invocazioni alla dea padrona e gli anatemi ai suoi negatori; a voi mi rivolgo, che siete passati nella sala sfarzosa, dove sulla tela le mobili figure tessevano il dramma atroce, e non avete invocata la censura giustiziera perché venisse, colle forbici venerate, contro la tela sacrilega! E che? Neppure un fischio avete lanciato a rompere l'armonia lene dei violini ed a spezzare l'incanto dell'azione travolgente! Non è dunque vero che voi amate la patria piú d'ogni cosa e ch'essa è bella d'ogni virtú, difesa del debole scudo del buono, invitta assertrice del giusto? E ciononostante, immersi solo nel beato godimento della vista e del buio, propizio alle audaci imprese, lasciate insozzare e diffamare il grande nome, mescolandolo, mezzano ignobile e scusa d'omertà, agli isterici amori di un uomo casto e d'una donna corrotta ed al delitto pazzesco d'un amante deriso? E non protestate contro chi fa della patria il comodo paravento di cento sozzure?
      Perché, per chi non lo sapesse, Tokeramo, il professore giapponese in missione a Londra, che non aveva mai degnato di uno sguardo le piccole e dolci donne del suo paese, perde la testa per la prima sgualdrinella in costume tailleur che gli ronza intorno, attratta dai baffi spioventi, dagli occhi a mandorla e dal colorito giallognolo; ed avviene che il suddito del Mikado, per qualche misterioso contraccolpo psichico, rompe la vita alla donnina goduta.


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Sotto la mole
1916-1920
di Antonio Gramsci
pagine 742

   





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