(20 luglio 1916).
LA GRANDE ILLUSIONE
L'articolo di fondo dell'«Avanti!», che ricorda alle sezioni socialiste l'ordine del giorno del Congresso di Ancona contro il protezionismo e consiglia tutto un piano di propaganda contro «la guerra economica», che si vuole inscenare a continuazione della guerra dei fucili e dei cannoni, ci procura molti sorrisi ironici di avversari in buona e cattiva fede. «Voi siete ancora a Norman Angell — ci dicono — credete davvero che l'interdipendenza economica, creata dal liberismo tra Stato e Stato, sia un coefficiente di pace; credete davvero che essere convinti dell'inefficacia della guerra a creare nuove fonti di ricchezza, si trasformi in opposizione alla guerra. Ma Norman Angell ha fallito nel suo programma; la guerra attuale lo prova. Il titolo della sua opera può adattarsi meglio alla sua convinzione che a quella dei nazionalisti, i quali dalla guerra si aspettano la ricchezza, i pingui mercati da sfruttare, l'allargamento degli orizzonti economici e tante altre cose».
Obiezioni di questo genere sono state ripetute, da due anni a questa parte, in ogni occasione. L'Angell, che era sulle prime apparso lo scopritore di una grandissima verità, pare ora a molti un imbecille qualsiasi. Il suo pacifismo — solido perché non semplicemente sentimentale, ma fondato sulla constatazione di uno stato di cose nuovo, creato inconsciamente dal capitalismo, come forza economica pura, e non come spina dorsale delle nazioni borghesi — viene volentieri confuso col pacifismo facilone, e che cade di crisi in crisi, di E. T. Moneta.
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